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MILO (il Buen Retiro di Lucio Dalla) - SANT’ALFIO (CT)

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Milo 2018

 

ITINERARIO

 

Sabato 30 Giugno e Domenica 01 Luglio 2018

 

MILO (il Buen Retiro di Lucio Dalla) - SANT’ALFIO (CT)
X Edizione della Sagra della Ciliegia “Il Gioiello dell’Etna” e Infiorata tra Fiori e Frutta

Visita dell'ampia piazza (belvedere con una straordinaria veduta), della Matrice, della Chiesa di Sant'Andrea, di Fornazzo (piccolo borgo di Milo, eletto nel '92 Villaggio Ideale d'Italia) e della prestigiosa Casa Vinicola “Barone di Villagrande” a Milo Visita del centro storico, della Chiesa Madre (caratteristica per la sua facciata in pietra lavica), della Piazza (da cui si gode uno splendido panorama), del Museo della vite e del vino, Partecipazione alla X Edizione della “Sagra della ciliegia” e la possibilità di ammirare una splendida infiorata composta da fiori e frutta multicolore a Sant’Alfio.

 

Appuntamento: Sabato 30 giugno, ore 08:00 Piazzale Giotto (capolinea autobus)
Partenza: ore 08:15 (pullman GT Autoservizi Salemi)
Colazione: cornetti, caffè, acqua
Hotel Villa Itria****: Viagrande (Ct)

Milo

Sulle pendici orientali del Mongibello, come gli arabi chiamavano l'Etna, s'incastonano tra le nere rocce laviche suggestivi paesini. Milo è uno di questi. Paese antico, ricco di storia e tradizione. Residenza estiva di Giovanni d'Aragona, fratello del re Pietro II, Giovanni era solito passare parte della stagione estiva in questo luogo e l'amò tanto da edificare nel 1340, una piccola chiesa consacrando il piccolo borgo a sant'Andrea Apostolo. Oggi quella chiesetta è diventata la chiesa madre del paese ed intorno a lei si è sviluppato un centro abitato sinuoso e in armonia con il paesaggio. Paese montano, Milo è a 750 m.s. l. m e questo lo rende dimora piacevolmente fresca d'estate e luogo accarezzato dalla neve in inverno. La sua posizione panoramica permette ad abitanti e visitatori di godere di un panorama che si estende da Catania a Taormina e, nei giorni tersi, permette di spingere lo sguardo più oltre fino alla Calabria. Milo è uno degli abitati più alti dell'Etna, questo fa sì che i soui vigneti, i suoi boschi, gli antichi casolari siano stati "visitati" più volte in passato, dalla padrona di casa... l'Etna stessa nella sua veste più calda e avvolgente: la lava. Può sembrare strano ai più, ma è questo lo spirito con cui gli abitanti vivono e convivono col vulcano. Temuto e amato per il doppio vestito che indossa. Da un latoc'è la natura fertile del terreno, l'abbondanza d'acqua minerale, la meraviglia del paesaggio; dall'altro è Lei, la Montagna, a segnare i limiti, i confini del fino a dove è lecito arrivare; quali zone abitare; il dove, il come e il cosa costruire. Di tutti i paesi del versante ionico Milo è quello che gode la vista più ampia sul mare, a 750 metri. Dalla piazza Belvedere l’occhio spazia sull’orizzonte fino a Taormina e alla Calabria verso nord-est, al golfo di Catania e ad Augusta verso sud-ovest. Dietro è l’Etna, coi fumi densi e i pennacchi delle non infrequenti eruzioni e i velari trasparenti nell’azzurro dei giorni sereni, o ammantato delle nevi brillanti, dagli autunni fino alle primavere inoltrate. Questa posizione invidiabile, insieme con l’acqua che sgorgava abbondante da falde scoscese e canali che contornavano l’abitato, fu indice della vocazione turistica cui poteva essere chiamato un paese essenzialmente agricolo come questo. Milo fu, agli inizi degli anni cinquanta del Novecento, grazie alle villeggiature stanziali e alle iniziative dell’estate (gimkane automobilistiche, balli in piazza, soirées per l’elezione della “Venere”) una vera e propria “Taormina dell’Etna”, come attestano i tanti articoli, quasi giornalieri, che uscivano sulla “Sicilia” dell’epoca. La strutturazione territoriale dà ragione di quella che è stata la fisionomia economica e la configurazione etnico-antropologica, (sociale), del paese; cioè la fisionomia di un borgo agricolo (fino a tutti gli anni del boom economico e della trasformazione omologante), costituito da nuclei autonomi anche distanti dal centro, e uniti dalle strade (solo ai primi del Novecento rotabili) e dalla provinciale, quando, anch’essa in quel tempo, venne asfaltata. Uno di questi nuclei è Fornazzo, a due chilometri a nord-est, vera e propria “frazione” di Milo, che è il più alto di questi agglomerati (m. 800 s.l.m.) sulla strada che collega a Linguaglossa, con la piazza, la chiesa e il campanile, le segherie che lo caratterizzano, le case dal cortile interno e dall’immancabile anello in pietra lavica nella facciata per attaccarvi asini e muli, che furono il veicolo “portante” (in tutti i sensi) della economia di questo borgo. Il trasporto del legno della Cerrita (dai cerri, appunto) e dalla Cubania, che si estendono in su, tra conche ex-vulcaniche e gli scoscendimenti di Monte Fontana e Monte Rinatu fino alla Valle del Bove, insieme alla attività dei carbonai, caratterizzò, e ancora dà vita, oggi, all’economia dell’abitato di Fornazzo (”villaggio ideale d’Italia”, come è stato dichiarato), con la ricerca, anche, dei funghi, dalla primavera a autunno pieno, che le donne vendono al minuto davanti alle soglie o nei fondaci aperti specialmente la domenica. L’altra risorsa fu il trasporto della neve che si ammassava nelle “niviere” ad alte quote e arrivava a dorso di mulo, interrata nei sacchi coperti di fronde per farla durare, fino a Riposto e Giarre, per l’uso che se ne richiedeva nell’estate. I primi abitanti sparsi nella zona furono boscaioli e taglialegna attratti dalla presenza di estesi boschi; successivamente anche la neve divenne attività redditizia e fonte di lavoro per numerose famiglie. Queste due attività divennero sempre più fiorenti grazie all’ingegno di Don Giuseppe Leotta, un intraprendente giarrese che fece di Fornazzo un vero centro commerciale con una grossa segheria e una grande nivera per la conservazione della neve. A Fornazzo non si commercia più la neve, ma la lavorazione del legno costituisce ancora attività primaria attorno a cui ruota buona parte della economia del borgo. Il nucleo urbano è rimasto pressoché integro e la vita vi si svolge ancora tranquilla, segnata dal lavoro e dai ritmi stagionali, tanto che Fornazzo è stato proclamato ufficialmente "villaggio ideale" dal concorso nazionale indetto da “Airone”. Da qualche tempo Fornazzo sta scoprendo la sua vera vocazione turistica come porta dell’Etna e la recente nascita di un Centro Visita del Parco con museo, aula verde ed ufficio informazioni, è una tappa significativa in questa direzione Un'altra attività tradizionale che continua ad avere una certa rilevanza economica è la lavorazione della pietra lavica dalla quale si ricavano basole e bolognini per pavimentazione, stipiti,arcate , facci 'i vistaper muri di contenimento; un tempo dalla pietra lavica si ricavavano anche oggetti d'uso domestico come scifi (contenitori), pile , mulini per macinare il grano. Un'attività ormai scomparsa, ma che a Fornazzo per parecchi anni creò occasione di lavoro per molte famiglie, fu la conservazione e commercializzazione della neve, conservata nelle tacche della Cerrita, di Monte Caliato e della stessa Fornazzo, tagliata a blocchi nella stagione estiva e trasportata a dorso di mulo fino a Catania o a Riposto per essere spedita via mare fino a Malta. Fra tutte le attività della tradizione milese, la coltivazione della vite e la vendemmia, che ne è il momento conclusivo di corale partecipazione, sono le più conosciute. Vino e vulcano: un binomio naturale, quasi inevitabile. La forza dell'Etna richiama subito alla mente la corposità dei vini, la loro anima alcolica. Da queste parti il vino più pregiato è giallo paglierino, brillante, limpido, dal sapore secco, rotondo, non molto alcolico. Da questa terra ricca di minerali, a pochissima distanza dalla vetta fumante del vulcano che sembra incombere sui vigneti, viene prodotto un nettare per palati raffinati. Dal 1968 una specifica normativa ha istituito i vini a denominazione d'origine controllata etnei, che sono l'Etna Bianco, Rosso, Rosato, e Bianco Superiore, che è limitato al comune di Milo. Si tende a privilegiare, dunque, la qualità sulla quantità. Ovviamente anche all'interno dell'area di provenienza del Doc possono essere ottenuti dei normali vini da tavola, che si pongono però al di sotto degli standard qualitativi richiesti per i Doc stessi. La gran parte del vino prodotto a Milo viene commercializzato direttamente dai produttori. Si crea così un solido rapporto fiduciario fra consumatore (o piccolo dettagliante) e vignaiolo.

pranzo

Azienda Vitivinicola Barone di Villagrande

La storia della mia famiglia è unita a quella della contrada di Villagrande. Se ti piace sfogliare i libri antichi, vedrai che i miei antenati vivevano e lavoravano su queste terre già alla fine del ‘600. A inizio ‘700 il vescovo di Catania affida alla famiglia Nicolosi Asmundo il compito di trasformare le impervie terre dell’Etna da “un luogo orrido ed incolto a un delizioso giardino”. I miei antenati arrivarono fin qui su un carretto, si guardarono intorno e iniziarono a rimboccarsi le maniche, a coltivare la dura terra lavica del vulcano. Poi nel 1727 succede come nelle favole. L’imperatore Carlo VI d’Asburgo, Re di Napoli, conferisce a Don Carmelo Nicolosi il titolo di Barone di Villagrande. Così la mia famiglia mette radici sempre più salde sulle pendici dell’Etna. Il legame con l’uva diventa indissolubile, dando vita alla storia più antica di coltivazione dei vigneti su queste terre, che continua ancora oggi. Passano le generazioni, dal Regno delle Due Sicilie passiamo alla neonata Italia. L’Italia ha 8 anni quando nel 1869 Paolo Nicolosi crea la nuova cantina di vinificazione e affinamento. Ed è proprio il mio bis-bisnonno Paolo il primo a utilizzare una vinificazione separata per le uve bianche e per le rosse. Fino ad allora, sull’Etna come in gran parte d’Italia, si usava vinificare l’uva tutta insieme, senza distinzioni di vitigni e di colore. Lui la pensò diversamente. Volle creare vini diversi per valorizzare le diverse uve e loro specificità. Quello che creò Paolo fu l’antenato dell’attuale Etna Bianco Superiore. Nel 1968 quando viene riconosciuta la D.O.C. Etna, la prima Denominazione di Origine Controllata in Sicilia, il disciplinare fu scritto da mio padre Carlo Nicolosi Asmundo, docente universitario di enologia e tecniche alimentari all’Università di Catania.

Hotel Villa Itria- Viagrande (CT)
Assegnazione delle camere
Cena in hotel

Domenica 1 luglio

Sant’Alfio (CT)

L'origine del nome è legato alla tradizione religiosa. Tre fratelli, Alfio, Filadelfo e Cirino, furono, nel 253 d.C., deportati in Sicilia per essere qui martirizzati. Durante il loro viaggio verso Lentini, attraversando il luogo dove oggi sorge Sant'Alfio avvenne il cosiddetto "miracolo della trave": un improvviso vento si scatenò violento al loro passaggio, scagliando via la trave che portavano sulle spalle. Nel '600 Sant'Alfio rappresentò una delle sette "torri" della Contea di Mascali. Solo nel 1923 divenne comune autonomo, staccandosi da Giarre, di cui era stato frazione dal 1815. In questo frangente fu aiutato dalle vicine Milo e Fornazzo, che all'epoca erano a loro volta piccole frazioni del paese. Tuttavia anche queste ottennero la loro indipendenza da Sant'Alfio negli anni immediatamente successivi. Nei secoli il paese si sviluppò sempre grazie alla coltivazione tenace della vite, da cui si derivava un vino pregiato, scuro e di elevato tenore alcolico, che raggiungeva le tavole dei cavalieri di Malta e quelle dei generali inglesi. Divenuto nell'Ottocento produttore ed esportatore di vino tra i più importanti dell'area etnea, Sant'Alfio si vide investito da un eccezionale benessere economico che ne incrementò velocemente dimensioni e popolazione. Nel corso del nuovo secolo giunse però una crisi, che negli anni venti fu causa di un violento crollo dei prezzi del vino, dovuto anche alla depressione abbattutasi sui mercati finanziari. Ciò nonostante da qualche anno la produzione vinicola si sta rivalutando grazie all'indipendenza di alcuni produttori locali. Ancor oggi, dunque, il vino è il prodotto più caratteristico, a cui si è aggiunta l'attività di promozione turistica della zona dell'Etna e del suo parco. La chiesa del Calvario è una piccola struttura che risale al 1878, data in cui furono realizzate le sue parti iniziali, allo scopo di avere un luogo di culto per le celebrazioni del Venerdì Santo; la costruzione venne seguita dai sacerdoti Domenico e Peppino Caltabiano. La chiesa si erge alla sommità di una collina di notevole interesse paesaggistico. Ad essa si può accedere per mezzo di una piccola scalinata in pietra lavica, che conduce direttamente all'ingresso e alle tre navate che compongono l'edificio sacro. Al suo interno esso offre vari altari in legno che testimoniano l'arte prodotta dagli artigiani di un tempo. La chiesa di Nucifori sorge nel quartiere Nucifori della città. Fu progettata nel 1957, ma la sua edificazione avvenne solo negli anni successivi. Le linee architettoniche che la caratterizzano sono essenziali. Al suo interno essa conserva il busto della Madonna di Tindari, alla quale gli abitanti sono particolarmente devoti; l'immagine viene festeggiata solennemente la prima domenica di settembre. Il paese di Sant'Alfio dedica la prima domenica di maggio al festeggiamento dei suoi Santi Patroni: Alfio, Filadelfo e Cirino con intense cerimonie religiose. Queste hanno inizio sin dall'ultima domenica di aprile, denominata dai paesani la Domenica dell'entrata, a sottintendere l'entrata nel cuore dei festeggiamenti. A dare ufficialmente il via alle celebrazioni è uno spettacolo pirotecnico che con 100 spari alle ore 12:00 in punto annuncia l'evento alla cittadina. A partire da questo giorno le sere dei due Giovedì e i due Venerdì che precedono la festa vera e propria, si accende davanti alle case un piccolo falò chiamato dera, dal nome della legna resinosa che viene usata per accendere il fuoco stesso.

Partecipazione della X Edizione Sagra "La Ciliegia Gioiello dell'Etna" e dell’Infiorata tra fiori e frutta

L’iniziativa ha ottenuto, nelle edizioni precedenti, un notevole successo con la presenza di circa 10.000 visitatori. La manifestazione prevede un ricco e variegato programma:
• Area espositiva con prodotti tipici locali, artigianato, gastronomia ecc. che rappresenta ormai un punto di riferimento per gli operatori turistici e le Aziende agricole
• Realizzazione dell’Infiorata “Tra fiori e frutta”
• Degustazione della “Torta alla ciliegia”
• Convegno sulle Ciliegie
• Spettacoli musicali.
La Ciliegia dell’Etna è uno dei prodotti d’eccellenza dell’agricoltura catanese a marchio Dop. Il frutto, che arriva a riprodursi dalla costa fino a 1600 metri d'altitudine, viene prodotto in gran parte dei comuni che circondano il Vulcano. A fregiarsi del marchio Dop sono le varietà Napoleone, Maiolina e Mastrantoni. Quest'ultima è la più rinomata, ma in generale, la «ciliegia dell’Etna», color rosso brillante e di pezzatura medio-grossa, è considerata un prodotto di qualità elevatissima per il sapore e le proprietà organolettiche, si presenta croccante all’esterno, con una polpa molto compatta e peduncolo lungo. Il frutto è dolce, ma non stucchevole, la bassa acidità conferisce un sapore molto gradevole.

pranzo
Dopo pranzo partenza per Palermo

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