La Patria di sempre

Qual è il costo morale e sociale che un popolo deve pagare a causa dell’assenza di una classe dirigente capace di sentirsi legata da un destino comune alla comunità di cui è espressione, che avverta come pregiudiziale e prevalente la propria identità culturale rispetto a quella ideologica?


Qual è oggi la possibilità che uno solo dei partiti nazionali tradizionalmente inteso riesca a rappresentare le
istanze, i sogni, gli interessi, la specificità spirituale, storica, culturale, economica e sociale di un popolo come quello siciliano?

In ragione di quale umiliante principio la nostra terra deve continuare a sopportare il peso di modelli politici, ideologici, culturali, sociali ed economici falliti e fallimentari, in massima parte espressione di una modernità malata d’importazione?

Non è forse l’ora di guardarci negli occhi, di ritornare a respirare l’aria che ci appartiene, di ricondurre la nostra terra, la Patria di sempre, nelle mani dei suoi giovani coraggiosi e generosi?

Non si può affidare ai fantasmi del tempo passato l’attesa di un cambiamento, di un protagonismo etico, politico ed economico non più rinviabile.

Le responsabilità storiche di una classe politica che ha ritenuto e continua a ritenere che sia meglio affidare alle segreterie romane dei propri partiti il nostro destino purché siano tutelate le proprie prerogative di potere sono sotto gli occhi di tutti.

Non è un caso che le scelte di primaria rilevanza politica ed economica vengano prese a Roma piuttosto che in Sicilia, dalla selezione del personale politico alla elaborazione dei modelli di sviluppo, dalla smobilitazione di un sistema creditizio alla gestione delle grandi infrastrutture.

 

Potremmo fare mille esempi storici ed anche a noi più vicini, ma finiremmo col ripetere cose già dette e comprovate.

Preferiamo indicare il percorso che a nostro avviso deve essere intrapreso e che permetta di recuperare un ruolo centrale ed autodeterminato della Sicilia nel contesto nazionale, euromediterraneo e mondiale.

Non si tratta di mettere in discussione l’unità della Nazione, di rilanciare idee legate ad una certa romantica, ancorché forte, tradizione separatista che, in tempi di globalizzazione e ancor peggio di mondialismo politico e culturale, rischierebbero di aggravare l’isolamento di una
terra che ha invece enormi potenzialità per potere stabilire alleanze e rapporti internazionali sui fronti più disparati.

Si tratta al contrario di esaltare la prospettiva della costituzione di un movimento politico culturale fortemente ancorato ai valori racchiusi nella sintesi tra tradizione e modernizzazione e di chiara identità neoautonomista.

E’ questa l’ora del superamento delle alterità, l’ora delle scelte coraggiose, delle spinte audaci verso le cime più alte, del ritorno al reale.

Ho sempre creduto in tutto ciò che ho fatto, ma non ho ancora fatto tutto ciò in cui credo.

Ho praticato la speranza in una risposta che non è mai arrivata, ma che esiste.
Esiste ed è una domanda ed una risposta al contempo.

L’esperienza primordiale di unità.


Ed è di questa unità che vogliamo e dobbiamo parlare!

Bartolo Sammartino


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